Cari Jiemmini dell’agenzia di moda Milano JM una delle migliori agenzie serie per modelle e modelli di Milano,I Depeche Mode arrivano allo Stadio Olimpico di Roma per la prima data italiana del Global Spirit Tour, che ha avuto inizio a maggio scorso a Stoccolma dopo l’uscita dell’ultimo album, e che impegnerà Dave Gahan, Martin Gore e Andrew Fletcher in 32 città di 21 Paesi europei fino alla fine di luglio (il 27 giugno saranno a Milano e il 29 a Bologna) per poi spostarsi in Nord e Sud America e tornare in Italia per un tour invernale nei palazzetti, annunciato proprio oggi, che aggiunge una data a Torino, il 9 dicembre, e raddoppia a Bologna (13 dicembre) e a Milano (27 gennaio). A quasi quarant’anni dalla sua nascita, la band inglese riesce ancora a riempire gli stadi dei loro fan (all’Olimpico sono in 53 mila), devoti alla produzione anni Ottanta e Novanta – la new wave elettronica, il synth pop e il techno-pop che hanno caratterizzato vent’anni della musica inglese -, ma non meno appassionati alle canzoni più cupe, industrial e electro dell’ultimo lavoro “Spirit”, quattordicesimo nella carriera dei Depeche Mode. Oltre due ore di spettacolo per 18 pezzi in scaletta, più cinque bis.

Un omaggio a John Lennon apre il live della band capitanata da Dave Gahan, dopo il soul psichedelico degli Algiers, la band di apertura del concerto, e il tradizionale pre-show techno: prima dell’esibizione, l’intro è affidato a una parte del singolo “Revolution” nell’originale clip audio cantata dai The Beatles. Non solo un tributo ma anche un messaggio che i Depeche Mode non lasciano in sospeso: “Where’s the revolution? Come on people, you’re letting me down” (dov’è la rivoluzione? Andiamo gente, mi state deludendo), canterà più tardi Dave Gahan in “Where’s the Revolution”, il singolo che ha fatto da apripista al nuovo disco. E ancora: “They manipulate and threaten with terror as a weapon, scare you till you’re stupefied, wear you down until you’re on their side” (vi manipolano e minacciano con il terrore come arma, vi spaventano fino a intontirvi, vi sfiniscono fino a portarvi dalla loro parte).

Dopo due pezzi tratti da “Spirit”, è subito tuffo nella storia dei grandi successi della band britannica: “Barrel of a gun”, dell’album Ultra (1997), “A pain that I’m used to” da Playing the angel (2005), “Corrupt” da Sounds of the universe (2009), “In your room” da Songs of faith and devotion (1993).

Sullo sfondo, il consueto schermo a led che non manca mai ai live della band, sul quale si susseguono i video del fotografo e regista olandese Anton Corbijn, autore di alcuni videoclip dei+singoli dei Depeche Mode.

A metà concerto, Gahan si ritira per una pausa lasciando il palco a Gore (che si esibisce nei due brani “A Question of Lust” e “Home”), per poi tornare dal suo pubblico e proseguire il live con altri setti brani, prima dei bis: un crescendo che, dalle nuovi canzoni dell’album “Spirit”, trasforma lo stadio in un coro unico e potentissimo su “Enjoy the Silence”, penultimo brano della scaletta.

Lo spettacolo è un mix perfetto di nuove canzoni, vecchi successi (il più lontano nel tempo è “Everything counts” e risale al 1983), nuove energie e intensi revival. Dave Gahan accende il pubblico con le sue movenze da sex symbol, Martin Gore fa tremare di commozione i fan. I tre di Basildon danno tutto al primo show in Italia del loro tour 2017: la loro energia, il loro cuore, la loro anima. E lo fanno fino alla fine, con cinque bis, tra i quali interpretano “Heros” di David Bowie, mentre sullo schermo sventola una bandiera nera. Lennon all’inizio, Bowie alla fine: la dichiarazione delle loro coordinate e anche quelle della storia della musica in Inghilterra e nel mondo intero. Delirio dei fan durante l’ultimo encore “Personal Jesus”: i Depeche Mode non potevano che chiudere il loro glorioso spettacolo con un cavallo di battaglia che nel ’90, a un decennio dalla loro nascita, li portava sulla cresta dell’onda e li consacrava a un indiscusso successo, destinato a durare per altri trent’anni e oltre.